Polvere d’oro

Invecchio così

lasciando che il Tempo mi consumi

 

                                                                  Polvere d’oro mi è scivolata tra le dita

Con ricordi inutili

Di antichi splendori

                                                                   Polvere d’oro caduta sulla strada

Con la rabbia di chi

Non può rimediare ai propri errori

                                                                    Polvere  dispersa  ovunque dal vento

                                                                    Dissolta nella ferocia del Tempo

 Invecchio così

Guardando questa polvere d’oro

sabbia-cura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Corto Circuito

-Non è possibile, Cazzo!-

Un pugno sul tavolo e dalla mia bocca partono a raffica una serie di insulti in direzione  del giovane  medico che mi sta davanti: tutti i vaffanculo che non ho detto nella vita, tutti gli stronzo  che non mi sono neanche permessa di pensare e tutti i coglione che è una parola veramente volgare.

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Dopo una sventagliata di proiettili  che si è sparsa a casaccio nello studio, mi   ripiego su me stessa abbattuta dal rinculo di un fucile che non ho mai saputo usare.

Cerco di ricordare che cosa  ha centrifugato i miei pensieri, permettendo ai capi scuri di macchiare il mio bucato bianco.

Sono una donna di classe, una che affronta la vita con eleganza, con misura, con discrezione, forse sino ad ora con placida rassegnazione, magari con un pizzico di alterigia, come se fossi superiore agli eventi.

Comprensiva, quanto e più di una madre,  con l’uomo che ripetutamente mi tradisce.

Amorevole  con quella che dovrebbe essere la  mia più cara amica  ma che mi fa terra bruciata intorno.

Docile con il mio capo che mi urla nelle orecchie tutto il suo essere potente.

Paziente con chiunque mi scarica addosso  la sua frustrazione.

Ed ora, un medico del cazzo mi dice che non ho più tempo!

-Come sarebbe a dire che non ho più tempo? Lei non è il mio medico curante, lei è soltanto un sostituto, un pivello, uno che ancora di medicina non ha capito un  emerito …-.

-Signora, si calmi, ripeteremo le analisi del sangue,- mi dice.

-Quali analisi del sangue? Io ho  fatto una semplice radiografia. E lei è un …-.

Sì, il mio cervello è pronto a crivellare di colpi  questo piccolo uomo , la sua poltroncina blu, la sua scrivania di mogano e tutto ciò che c’è in questa stanza, ma un segnale di dare la precedenza, uno stop, un semaforo rosso, una sbarra abbassata di un passaggio a livello arrivano tutti insieme a bloccare  il mio livore.

Mi fermo, come un’auto  in ebollizione. Nel fumo, che fuoriesce dal motore,  intravedo spezzoni di parole  che no, non posso proprio dire. Realizzo che il giovane dottore ha preso un abbaglio, un’altra al mio posto sarebbe morta sul colpo. Io ho solo imprecato.

Solo!

Beh! Non è stata proprio  una reazione elegante  e misurata , è  stato  un  vero e proprio corto   circuito.  La me silente, soffocata, schiacciata, incastrata in una vita  estranea è deflagrata in  schegge di rabbia. Un’esplosione così potente, così orgasmica, così catartica. Mi sento meglio adesso, tutto è cambiato in una minuscola porzione di tempo  grazie a questo medico imbranato .

Sorrido, con ancora il respiro affannoso, lo ringrazio, gli stringo la mano mentre lui mi guarda come se fossi un’aliena ed esco  decisa  ad affrontare il marito, l’amica, il capo e tutti i vampiri  che ti succhiano l’anima.

 

 

Momenti

Il primo vagito , l’ultimo rantolo e nel mezzo  momenti  di più o meno qualcosa.

 Momenti  in cui tutto accade per la prima volta, ma anche altri,  cesellati nella mente dalle abili mani della vita ,  momenti preziosi di gioia, momenti preziosi di dolore.

 Esperienze: la rabbia che urla sconfitta, la paura che costruisce gabbie, il coraggio che affronta l’incerto e l’amore che crea alchimie.

Momenti inutili, momenti banali, momenti quotidiani in cui tutto si ripete sino alla noia.

 E poi ci sono momenti  che non consideri, che ti sfiorano veloci  mentre sei  altrove, non importa dove, semplicemente altrove, con la mente, con il corpo, con il cuore , magari immerso nel niente. Si avvicinano nel silenzio di un pomeriggio assolato, nella quiete di una notte stellata, nell’attimo che precede il risveglio  e ti accarezzano la pelle, ti avvolgono  nella loro danza per poi dissolversi  inosservati se non fosse per…

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Michelangelo- La creazione di Adamo-particolare

In un  pomeriggio d’estate, le persiane  socchiuse cercano inutilmente di bloccare l’aria rovente che proviene dalla città muta. Solo la voce delle cicale si sente sotto il sole e il rombo di qualche moto che passa lontano.

Sdraiato sul divano il corpo senza forze, sconfitto dal caldo. Chiudi gli occhi e sogni qualcosa, poi li riapri  di botto  per lo schiamazzo  di un ragazzino amplificato dal silenzio. Nelle fasce di  luce che si insinuano  nella stanza, particelle di aria  volteggiano. Il tuo sguardo, perso tra la veglia e il sonno, le insegue.

Le  tende  ondeggiano appena , la pianta nel vaso riposa, il bicchiere sul tavolino attende, i quadri si scambiano il posto  sulle pareti, i mobili si sgranchiscono  le gambe e le ante si  schiudono come fiori. All’interno,  le  porcellane,  affacciate,  ringraziano.  Il dorato parquet  diventa  liquido, come l’acqua  di un lago baciato dal sole  ed è come se tutte le cose si svuotassero di senso. Ti ritrovi  in un posto qualsiasi dell’Universo che solo incidentalmente è la tua casa, ma tu senti che in quel momento sei ovunque, entri  nel flusso dell’energia  che ti  risucchia  ed attraversi, come su un tappeto volante, tutte le  dimensioni  che non conosci,  allineate, in un sincronismo perfetto,  solo per quell’ istante che si amplifica, immobile, intorno a te.

Il tempo si ferma e vivi, inconsapevole, l’eternità.

 Se non fosse per…

Se non fosse per un frammento di coscienza che si libera dall’abbraccio del  vuoto  non  comprenderesti che ciò che non ha principio né fine  esiste.  E’ lì, ma già  non c’è più, ti sfugge,  non riesci ad agguantarlo, è oltre ormai, l’incanto è spezzato  e ti ritrovi   dove sei sempre stato, sul tuo divano con il corpo senza forze, ma  con una sensazione placida di infinito che ti pervade ed acquieta la  paura della tua anima sgomenta davanti  al senso della vita.