-Non è possibile, Cazzo!-
Un pugno sul tavolo e dalla mia bocca partono a raffica una serie di insulti in direzione del giovane medico che mi sta davanti: tutti i vaffanculo che non ho detto nella vita, tutti gli stronzo che non mi sono neanche permessa di pensare e tutti i coglione che è una parola veramente volgare.
Dopo una sventagliata di proiettili che si è sparsa a casaccio nello studio, mi ripiego su me stessa abbattuta dal rinculo di un fucile che non ho mai saputo usare.
Cerco di ricordare che cosa ha centrifugato i miei pensieri, permettendo ai capi scuri di macchiare il mio bucato bianco.
Sono una donna di classe, una che affronta la vita con eleganza, con misura, con discrezione, forse sino ad ora con placida rassegnazione, magari con un pizzico di alterigia, come se fossi superiore agli eventi.
Comprensiva, quanto e più di una madre, con l’uomo che ripetutamente mi tradisce.
Amorevole con quella che dovrebbe essere la mia più cara amica ma che mi fa terra bruciata intorno.
Docile con il mio capo che mi urla nelle orecchie tutto il suo essere potente.
Paziente con chiunque mi scarica addosso la sua frustrazione.
Ed ora, un medico del cazzo mi dice che non ho più tempo!
-Come sarebbe a dire che non ho più tempo? Lei non è il mio medico curante, lei è soltanto un sostituto, un pivello, uno che ancora di medicina non ha capito un emerito …-.
-Signora, si calmi, ripeteremo le analisi del sangue,- mi dice.
-Quali analisi del sangue? Io ho fatto una semplice radiografia. E lei è un …-.
Sì, il mio cervello è pronto a crivellare di colpi questo piccolo uomo , la sua poltroncina blu, la sua scrivania di mogano e tutto ciò che c’è in questa stanza, ma un segnale di dare la precedenza, uno stop, un semaforo rosso, una sbarra abbassata di un passaggio a livello arrivano tutti insieme a bloccare il mio livore.
Mi fermo, come un’auto in ebollizione. Nel fumo, che fuoriesce dal motore, intravedo spezzoni di parole che no, non posso proprio dire. Realizzo che il giovane dottore ha preso un abbaglio, un’altra al mio posto sarebbe morta sul colpo. Io ho solo imprecato.
Solo!
Beh! Non è stata proprio una reazione elegante e misurata , è stato un vero e proprio corto circuito. La me silente, soffocata, schiacciata, incastrata in una vita estranea è deflagrata in schegge di rabbia. Un’esplosione così potente, così orgasmica, così catartica. Mi sento meglio adesso, tutto è cambiato in una minuscola porzione di tempo grazie a questo medico imbranato .
Sorrido, con ancora il respiro affannoso, lo ringrazio, gli stringo la mano mentre lui mi guarda come se fossi un’aliena ed esco decisa ad affrontare il marito, l’amica, il capo e tutti i vampiri che ti succhiano l’anima.